CalcettoLe emozioni della prima giornata

Le emozioni della prima giornata

– di FEDERICO VECCHIO –

Prima giornata del torneo, e tre squadre a punteggio pieno.
Fin qui, nulla di particolare, direte, se non fosse che, malgrado le tre capolista, dopo ieri c’è però un solo uomo al comando, ed il suo nome è Yuri Picciotti. Perché l’impresa che ha compiuto, con un manipolo di fortuna, raccolto alla rinfusa, è già Storia, che ci impone di procedere con ordine.
Erano circa le undici del mattino, e mancavano poche ore al fischio d’inizio. In quel momento, e solo in quel momento, il nostro prendeva coscienza che, dei tre sedicenti portieri che aveva acquistato in un’asta per lui, diciamolo pure, dissennata, nemmeno uno si sarebbe presentato al campo.
Com’è, come non è, il nostro (ricordiamolo, per i pochi che non sapessero, uno che in gioventù ha giocato a centrocampo con Dunga, che, e lo dico a beneficio dei più giovani, non è il nome di un protagonista dei cartoni, ma è il nome del capitano della Selecao che alzò la coppa del mondo nel ’94), intorno alle 12.30, decide di schierarsi lui stesso tra i pali, facendo cadere l’autocandidatura quale portiere di Gas, consocio conosciuto più per essere l’organizzatore del famoso, e quotidiano, “calcetto dell’una”, che, e qui che nessuno si offenda, per la sua abilità tra i pali.
Sta di fatto che alle ore 14, al fischio di inizio, le gambe, a Picciotti ed ai suoi, tremavano di fronte alla corazzata Cucchiella, fosse solo perché, con la maglia avversaria, scendeva in campo il Presidente. E qui, prima di scendere nella fredda cronaca, una parentesi va aperta: ebbene, proprio al Presidente va il merito, e non è un caso, di avere creato subito un clima di serena combattività sportiva, incitando, malgrado fosse un avversario, Marco Maffei a giocare tranquillo, a non risentirsi per i colpi avversari, e, soprattutto, invitando il direttore di gara a riconoscere le ragioni degli avversari, prima che le proprie. E tutto questo, evidentemente, non è dovuto al caso.

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Ma, venendo all’incontro, è proprio Cucchiella – lo stratega che non avevo sperperato, durante l’asta, nemmeno un euro dei tanti fantamilioni a sua disposizione – a commettere un errore che, con il senno di poi, avrebbe pesato irrimediabilmente sull’esito della gara: schierarsi nel quintetto iniziale. In una squadra con Malagò, Bolla, Pletz, Natoli, con Canovi in porta (e poi, nella fase più concitata, con il bomber Dodo Bizzarri tra i pali). Schierarsi nel quintetto iniziale. E l’uno a zero, al passivo, scritto sul tabellino dopo pochi minuti, ha fatto pendere la partita tutta dall’altra parte. Ed a nulla è valsa la scelta, immediata, del Cucchiella allenatore di sostituire il Cucchiella calciatore, perché, da li in poi, la partita sarebbe stata tutta in salita. Ed i fantamilioni di Cucchiella si sarebbero svalutati di fronte al tiro, scagliato da pochi metri ed a pochi istanti dal triplice fischio, di un imprendibile Natoli addosso ai riflessi di Picciotti, l’uomo che un tempo giocava con Dunga, ma che ieri ha dimostrato di avere i riflessi di un Perin qualunque. La sintesi di tutto questo è stato un quatto a tre finale, che ha dimostrato come Picciotti stia costruendo – si, intorno a Fazi (l’over 45 più costoso e più giovane tra tutti gli over 45), Longhi, Abrignani e Rappini – quello che Ranieri ha costruito lo scorso anno intorno ad un manipolo di calciatori dimenticati.
Raccontata la fiaba del primo turno, le parole ora devono essere dedicate alla corazzata De Matteis. Non una novità, va detto, ma c’era molta curiosità di come avrebbe potuto affrontare la scolaresca Vaccaro. E, malgrado la classe dei giovani che crescono si sia difesa al meglio, mantenendo alti velocità ed agonismo, sono bastati i soliti noti Volpi (figlio), Gabriele Giuffrida ed una furbata del Maestro Riccardo Barra a chiudere la partita. Ed oggi, semmai fosse ancora in dubbio, tutti sanno che quello che, fino a ieri, solo De Matteis sapeva perfettamente, e cioè che la squadra di Cucchiella, almeno in queste prime partite, sarebbe stata più la disordinata Inter del pre-Pioli, che la solida ed invincibile squadra del post- Pioli, e che la squadra di De Matteis, che molto ricorda il Chelsea di Conte, sarà la vera pretendente al titolo.

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Chi potrà dire la propria, e non scordate queste nome, è la squadra Celani, che, con una mossa postmercato davvero scaltra, ha portato in rosa Riccardo Celani. Ora, una parola, qui, va spesa. Nella baraonda che ha preceduto l’inizio del torneo, fatta di messaggi che si rincorrevano freneticamente, Celani inviava un whatsapp circolare con cui chiedeva, confidando nella disponibilità di tutti, di inserire in rosa il proprio “figlio piccolo”. Con queste due parole, la mente di tutti è corsa a Giorgio, il terzogenito della meravigiosa nidiata di Casa Celani, che, oggi, dovrebbe avere un’età ricompresa tra gli undici ed i tredici anni. A pochi, evidentemente, è venuto in mente che, dietro quelle due semplici, dolci e delicate parole, “figlio piccolo”, si nascondesse il riferimento al secondogenito Riccardo, che di anni ne ha quasi diciassette, ma che, e circostanza, questa, ben più rilevante, non è giocatore forte, ma fortissimo, che, tra qualche anno, se le cose andranno come dovrebbero andare, giocherà ben altre competizioni. Sta di fatto che, al fischio d’inizio, Riccardo era in campo, a dialogare con Di Bagno, Lirosi, Gilardoni ed i nuovi Sergio De Bac e Fabio Barchiesi. La vittoria, a quel punto, sulla compagine Fabbricini, nella quale Francesco Rocco ha dimostrato, ancora una volta, che il calcetto, malgrado gli anni passino, non si dimentica, è stata una conseguenza.
Qualche riflessione merita, a questo punto, l’unico pareggio della giornata, quello della famiglia Cecilia contro l’holding Filosa. Chi ha avuto la fortuna di assistere alla gara, ha raccontato di un Tartaglia strepitoso, che ha tenuto testa ai Cecilias fino a quando, da pochi passi, uno dei tanti componenti della famiglia stessa (sembrerebbe Marco) avrebbe segnato la rete del vantaggio. Ma quando l’arbitro stava quasi per fischiare la fine, il discendente (di nome Bruno) di altra storica famiglia Aniene, quella dei Ripandelli, segnava la rete del definitivo pareggio. Consentendo a Filosa, di potersi dedicare, nel fine settimana, serenamente ai suoi figli, e di trascorrere, come per tutti gli altri, una settimana fatta di riflessioni, dubbi, certezze, paure.
E tutto questo aspettando il prossimo turno, quando farà il suo esordio la squadra di Murino. Uno che di vittorie se ne intende.