Seconda giornata: sic transit gloria mundi
– di FEDERICO VECCHIO –
Erano passati pochi minuti da mezzogiorno, e cioè da quando l’arbitro dell’incontro, il Sig. De Caria da Roma, aveva decretato la fine delle ostilità. E me ne stavo lì, tra l’incredulo ed il preoccupato, ancora seduto sugli spalti, mentre già la gran parte del pubblico era defluita, a domandarmi come mai una partita che, all’inizio della ripresa, fosse saldamente in mano, per tre ad uno, alla squadra Cucchiella, fosse poi terminata con una sconfitta del nostro per sei a quattro.
Certo, molto ci sarebbe da dire sui meriti dell’avversario, la squadra Celani, su cui vedi infra, ma il rumore di quella sconfitta, la seconda, di una corazzata calcistica di tale livello, non riuscivo a silenziarlo, e mi avrebbe accompagnato per tutto il pomeriggio, fino a tarda sera, costringendomi ad indagare meglio, nel tentativo di capire le ragioni per cui, una squadra di invincibili, a due giornate dall’inizio del torneo, non solo non ne avesse vinta nemmeno una ma, addirittura, le avesse perse tutte.
Ma quell’enigma andava risolto, con l’obiettivo, oggi, di scriverne per darvene conto. E, quindi, prima di svelarvi la soluzione finale, che stava lì, a portata di mano, sotto i miei occhi, ma a cui sono giunto dopo essermene allontanato parecchio, rincorrendo teoremi complicati, mentre era lì, facile facile, è bene che ripercorra i momenti di quell’incontro.
Vi dicevo che la squadra del nostro era in vantaggio per tre ad uno. Questo il risultato della partita nell’esatto minuto in cui ero arrivato al Circolo ed avevo preso posto sugli spalti, non senza aver prima salutato questo e quello. Ebbene, tra un saluto ed un altro, una chiacchiera ed un’altra, buttavo l’occhio alla partita. Da una parte, i Cucchiella, con Malagò, Mancini, Tavano, Natoli, Conte, Grisolia N., magistralmente diretti da Bolla; dall’altra, i Celani, con Gilardoni, Celani figlio, Fabbri figlio, De Bac, Lirosi, Gregorio Albini e, inspiegabilmente, con un Pippo Gasbarri troppo poco impiegato.
Ora, mi direte voi, due ottime squadre: una invincibile, l’altra fortissima. Ed avreste certamente ragione, se non fosse che quella che doveva essere invincibile, dopo ieri, le ha perse tutte, mentre l’altra, che doveva limitarsi ad essere fortissima, le ha, viceversa, vinte tutte, battendo, senza non poca sorpresa, quella che, a detta di tutti gli scommettitori, veniva data, senza esitazioni, come vincitrice finale del torneo.
E la spiegazione non risiedeva nella maestosa partita difensiva giocata da “Carlo The Wall Lirosi”, che, in scivolata, si è frapposto tra palla e porta innumerevoli volte, registrando difesa ed impostazione del gioco, o dai micidiali Gilardoni e De Bac, che vedono la porta avversaria e proteggono palla come nemmeno Pulici e Graziani ai tempi del vecchio Toro, o nei giovanissimi e fortissimi Riccardo Celani e Riccardo Fabbri, figli di Carlo Celani e Massimo Fabbri, ma subito ribattezzati, dal folto pubblico, a rimarcarne la distanza tecnica dai rispettivi padri, “il figlio della moglie di Celani” ed “il figlio della moglie di Fabbri”, o nemmeno nell’atletismo di un ottimo portiere quale Gregorio Albini (viceversa rinominato, per l’intero incontro, quale “figlio di Albini”, a riprova dei meriti calcistici riconosciuti, in questo caso, dal competente pubblico, al padre Oliviero).
E la spiegazione non risiedeva nemmeno in qualche incapacità di Malagò, che solo mi viene l’orticaria ad accostare il suo nome al termine “incapacità”, e me ne scuso immediatamente, con l’interessato e tutti voi, alzandomi in piedi mentre scrivo queste parole, o di Mancini, l’uomo che ha fatto disegnare al pallone traiettorie che la fisica non conosce, o di Tavano, che sta al calcetto come Michelangelo alla Cappella Sistina, o di Natoli, che sa prendere il pallone dallo spogliatoio e portarlo fin dentro la porta avversaria senza mai farselo togliere, o di Conte, il goleador per eccellenza della nostra over 50, o di Grisolia, che era già, lui si, The Wall quando Lirosi era ancora così giovane da avere, come unico problema, il fiocco del grembiule, o di Bolla, che pur aveva perfettamente gestito, conoscendo a fondo la materia, cambi e risorse. O, ancora, di Cucchiella, che, per azzardo, avesse mai deciso, come nella prima partita, di schierarsi ab initio, stante che questo non è accaduto, visto che, da quando la sua squadra era in vantaggio di ben due gol, lui, sino alla fine, non ha più visto il terreno di gioco.
La spiegazione, in verità, stava da tutt’altra parte, e stava lì, sotto al mio naso, senza che io la vedessi, fino a tarda sera. Ed infatti, si erano fatte, oramai, le 22.05, e me ne stavo lì, davanti al televisore, facendo stancamente zapping. Ad un tratto, così, all’improvviso, in una delle numerose chat del circolo, mi appariva, inviata dallo stesso Cucchiella, una foto ritraente la sua squadra, tutti in posa, accosciati da sinistra, tutti felici e sorridenti, scattata qualche istante prima dell’incontro. E la soluzione era lì, stava lì dentro, e sarebbe stato sufficiente rispondere ad una sola e semplice domanda: “indovina l’intruso”. E il gioco era fatto.
E già, perché in quell’immagine, che ritraeva, tutto in una volta, un inestimabile patrimonio di qualità calcistica, nessuno vestiva i panni del portiere. Nessuno. Ma i guanti, quelli, viceversa, qualcuno li indossava. Ed era esattamente il quarto accosciato da sinistra. E quell’improvvisato portiere rispondeva al nome di Dodo Bizzarri, giocatore assolutamente bravo e capace, noto per saper spostare, ogni volta a proprio vantaggio, grazie alle sue ormai più incontabili segnature, ogni partita che disputa nel famigerato “calcetto dell’una”. Ma che sta, e non per sua colpa, alla porta come Taibi ci stava nella sua pessima esperienza al Manchester United.
Ed il giallo era risolto.
A questo punto, svelato l’arcano, non resta che raccontarvi degli altri incontri.
La partita Tartaglia – Romiti, rectius Filosa – De Matteis, è stata caratterizzata dall’abilità dei due rispettivi portieri, che l’hanno inchiodata sullo zero a zero, fino a quando Romiti non ha dovuto arrendersi ad un gran gol di Tamburi, e De Matteis, senza Barra, e con Giuffrida subito infortunato, si è trovato nell’impossibilità di riuscire a recuperare l’incontro. Da segnalare che, ad oggi, Tartaglia ha subito, in due partite, una sola rete. E se i tornei si vincono iniziando dalla difesa …
I giovani di Vaccaro, in cui hanno brillato Grisolia L., Clerici e Ranucci (a proposito: se l’Atalanta ha un grande vivaio, anche noi non scherziamo), hanno lottato come leoni contro i Cecilias, che hanno, con la loro forza tranquilla, portato comunque a casa il risultato per quattro a tre, con i soliti gol di uno della numerosissima famiglia, nel caso che ci occupa Marco, che ha raggiunto già quota tre gol nel torneo.
L’incontro Fabbricini – Murino è stato vinto dalla prima tanto a poco (sette a due). Ma qui la spiegazione è facile: a Murino mancava Carlo Di Bella mentre, nella squadra Fabbricini, è esploso Stefano Rossi, sconosciuto, fino ad oggi, ai più, ma che è già, viceversa, solitario in vetta alla classica dei marcatori.
Mercoledì si riscende in campo, nel tentativo di riscrivere una classifica che, dopo due giornate, vede in testa, a punteggio pieno, la squadra Celani, ed ultima, insieme a Murino ed a Vaccaro, semmai vi fosse ancora necessità di ripeterlo, la squadra degli invincibili. Sic transit gloria mundi.