NewsCoronavirus, i consigli del professor Marcello Ticca
«Difendiamoci così, con una sana alimentazione»

Coronavirus, i consigli del professor Marcello Ticca
«Difendiamoci così, con una sana alimentazione»

Non si parla che di coronavirus, oramai. Da giorni. Dappertutto. In televisione, alle radio, sui giornali, sul web, per strada. Se ne dicono tante. Se ne parla ed il più delle volte se ne straparla.

Sappiamo che vaccini per tenere questo virus lontano per ora non ne esistono. Sappiamo che non esistono farmaci specifici per combatterlo laddove dovesse arrivare. Sappiamo che le antiche regole di igiene – il lavarsi come si deve le mani, il non mettersi le mani in bocca o nel naso, il non starnutire a spruzzo, tutte cose che dovrebbero sapere anche i bambini – sono al momento la migliore profilassi possibile.

Ma forse potrebbe esserci anche dell’altro, magari offerto dalla Natura, per tenere un po’ più lontano il rischio del contagio. Come alimentarsi, ad esempio.

Ed a chi domandarlo, allora, se non al nostro consocio e grande amico Marcello Ticca, professore di scienza della nutrizione, uno dei punti di riferimento dell’informazione alimentare in Italia da almeno quarant’anni?

Avevamo immaginato di organizzare con lui al Circolo un incontro-dibattito, ma poi ci siamo detti che questo sarebbe stato in contrasto con il precetto di cancellare in questo periodo le iniziative convegnistiche ed è per questo che gli abbiamo chiesto di dirci per scritto – qui sul sito, con la competenza e la chiarezza che hanno portato al successo internazionale del suo «Miraggi alimentari» – tutto quello che è utile sapere sull’argomento ovvero sul possibile rafforzamento delle nostre difese immunitarie attraverso l’alimentazione.

I consigli del professor Ticca

Alimentazione e difese immunitarie

Per difendersi dalle infezioni e dalle malattie il nostro organismo – prima di essere eventualmente costretto a ricorrere all’aiuto dei farmaci – mette in azione, nei confronti di virus, batteri, funghi ecc., una sua primissima linea difensiva rappresentata dal sistema immunitario.

Gli immunologi ci ricordano quanto questo sistema sia complesso e sofisticato, composto – come è – da tanti tipi di cellule anche molto differenti fra di loro (ed ancora non le conosciamo tutte…). Queste cellule sono localizzate un po’ dappertutto in diverse aree del nostro organismo (tessuti, organi, liquidi, ecc.) e sono caratterizzate dai ben definiti e ben diversificati compiti che sono chiamate a svolgere. In senso generale, la missione del sistema immunitario è quella di proteggerci da sostanze e da cellule estranee e nocive come virus, batteri e funghi ma anche da tossine prodotte da microbi e da veleni. E per svolgere questa missione le cellule del sistema immunitario (si tratta sostanzialmente delle varie categorie dei cosiddetti “globuli bianchi”) lavorano instancabilmente 24 ore su 24 sia per fronteggiare e neutralizzare i più vari agenti patogeni che per riparare ai danni da loro provocati.

Per non andare fuori tema limitiamoci a ricordare che, in estrema sintesi, le strategie difensive del sistema immunitario sono sostanzialmente due, capaci di operare in stretta connessione fra di loro. Innanzitutto vi è una “immunità innata” e non specifica, basata prevalentemente sulla capacità di gran parte dei globuli bianchi di intercettare e inglobare al proprio interno, neutralizzandoli (fagocitosi), fino al 90% degli agenti patogeni che incontriamo.

La seconda linea difensiva è invece quella della “immunità acquisita” o adattativa, che interviene quando la prima non è sufficiente. Si tratta di una risposta che chiama in causa altre cellule (cellule dendritiche e vari tipi di linfociti), ed è specifica verso determinati patogeni, ossia è capace di riconoscere un intruso e di reagire contro di lui con armi mirate e personalizzate (anticorpi o recettori particolari). Armi che, come è noto, vengono messe a punto dopo che è avvenuto il primo incontro (“acquisita”) e di cui permane la “memoria”, tanto da conferire una immunità che dura più o meno a lungo nel tempo.

A determinare l’efficienza del sistema immunitario delle singole persone concorrono non solo fattori genetici ma anche, e a quanto sembra con un impatto forse anche maggiore, fattori “ambientali” in senso lato, come lo stile di vita, lo stato generale di salute, l’età, l’igiene, l’alimentazione e lo stato di nutrizione complessivo, ecc.

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La nutrizione, appunto. L’attuale emergenza determinata dalla epidemia da Covid 19 ha focalizzato una straordinaria attenzione sui comportamenti da adottare per difendersi dalla infezione. Stranamente, però, i mass media hanno dato relativamente poco spazio alle possibili correlazioni esistenti fra alimentazione e difese immunitarie, e quindi anche ai relativi suggerimenti circa scelte da compiere e comportamenti da tenere. Indubbiamente, un errore di sottovalutazione.

Infatti, l’alimentazione è in grado di giocare un ruolo importante tanto nel rafforzare l’efficienza delle difese immunitarie quanto nel peggiorarla. Esistono, ad esempio, molti studi che dimostrano che sono più esposti ad ammalarsi o a contrarre infezioni sia i soggetti notevolmente denutriti che coloro i quali si alimentano abitualmente in maniera squilibrata e poco corretta, ossia trascurano alimenti “protettivi” come ortaggi, frutta, cereali integrali e legumi, eccedendo invece con alimenti ricchi di grassi e di zuccheri semplici. E al contrario esistono molte indicazioni circa il fatto che, per godere del miglior funzionamento possibile del sistema immunitario del quale ciascuno è stato dotato da madre natura, ciò che conta è un soddisfacente stato di nutrizione complessivo. Una condizione, quest’ultima, che è determinata non tanto da singole scelte alimentari quanto piuttosto da una alimentazione ABITUALE completa ed equilibrata, abbinata a sua volta ad uno stile di vita sano: niente fumo, niente o poco alcool, una buona e frequente attività fisica, ecc. Come già accennato, fattori “ambientali”, nel senso più completo del termine.

Quindi, qualità e quantità dell’alimentazione abituale contano molto anche per garantirsi buone difese immunitarie. E non è corretto, come invece così spesso accade con le notizie incontrollate che circolano sul web, pretendere di attribuire a singole sostanze nutritive o a singoli alimenti o spezie (presi magari in maxi-dosi) capacità “miracolose” di rinforzare in tempi brevi il sistema immunitario. Si tratta solo di fantasie prive di serie basi scientifiche.

È però indubbio che alcune vitamine, alcuni minerali e altre sostanze, come certi particolari acidi grassi, risultino effettivamente coinvolti nel migliorare il funzionamento di certi aspetti del sistema immunitario. Di conseguenza è anche lecito promuovere, in questa ottica, il consumo di quegli alimenti che risultano realmente essere buone fonti di quei determinati principi nutritivi.

Qualche esempio. Fra le vitamine inevitabile pensare subito alla vitamina C la quale, anche se certamente sopravvalutata in passato, effettivamente migliora la risposta immunitaria, specialmente nelle infezioni virali delle prime vie respiratorie, favorisce la maturazione di alcune classi di linfociti e, con la sua azione antiossidante, protegge i leucociti dai danni indotti dalle specie reattive dell’ossigeno. Il tutto però, sia ben chiaro, più con l’effetto di attenuare i sintomi che non per guarire dal raffreddore, ed ottenibile già con le normali dosi “raccomandate” (circa 100 mg di vitamina al giorno), fino ad un massimo ragionevole di 0,5-1 grammi al giorno per brevi periodi, senza arrivare ad inutili megasomministrazioni. Gli alimenti classificabili come fonti ricche di questa vitamina sono soprattutto, fra la frutta, agrumi, fragole e kiwi, e, fra gli ortaggi, pomodori e vegetali a foglie verdi.

Sempre fra le vitamine meritano di essere citate la vitamina A, una cui carenza provoca una riduzione della resistenza dell’organismo alle infezioni (fonti principali uova, latte e vegetali gialli e verdi), e la vitamina D, la quale stimola specialmente la risposta immunitaria “innata”, incrementandola in particolare nei confronti della TBC, della influenza e delle infezioni virali delle prime vie respiratorie. Inoltre sembra che la vitamina D cooperi anche ad aumentare la protezione nei confronti delle malattie autoimmuni. Le sue fonti alimentari principali, al di là della sua sintesi nella cute per azione dei raggi ultravioletti, sono tuorlo d’uovo, pesce, latte e derivati. Inoltre, anche una carenza nelle vitamine B12 e B6 sembra avere influenze negative sulla funzione immunitaria.

Ma anche fra i minerali ve ne sono alcuni che risultano attivi nel promuovere un buon funzionamento del sistema immunitario.

Per non dilungarci troppo limitiamoci a ricordare lo zinco e il selenio. Lo zinco (molto diffuso negli alimenti, particolarmente nei cereali e nei prodotti animali) svolge un ruolo centrale nella crescita e nel differenziamento delle cellule, ed è fondamentale in particolare per lo sviluppo e il funzionamento dell’immunità cellulo-mediata e di quella umorale. Il selenio, di cui sono ricchi pesce, carne e cereali, è anch’esso attivo nella regolazione delle difese immunitarie.

Da ricordare, anche, l’influenza positiva esercitata sul sistema immunitario dagli acidi grassi omega3 a lunga catena, reperibili in quantità significative praticamente soltanto nei prodotti ittici. La loro interazione con le cellule del sistema sembra produrre vari effetti positivi, come ad esempio un aumento della attività fagocitica dei globuli bianchi ed una aumentata produzione di anticorpi.

In conclusione, il suggerimento più logico da dare per rinforzare le difese immunitarie anche attraverso le scelte alimentari è quello di ricorrere più spesso ai prodotti che sono fonti particolarmente generose delle sostanze nutritive citate. E contemporaneamente è doveroso ricordare che non esistono prove valide di azioni a favore delle difese immunitarie da parte di altri prodotti che troppo spesso vengono fantasiosamente presentati come “protettivi” o “super foods” sul web o da pubblicazioni poco attendibili, tese più a fare una promozione interessata che non una informazione corretta. Quindi, niente illusioni su pretesi poteri miracolosi di vari tipi di bacche originarie dell’Oriente, di generose assunzioni di thé o di cioccolato ad alto tasso di cacao o sull’aiuto che possono dare al sistema immunitario prodotti pur suggestivi come la frutta secca e il miele o spezie popolari come curcuma, zenzero, aglio, ginseng, ecc.

Non a caso l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha espressamente vietato che sulle confezioni, ad esempio, delle bacche di Goji e di thè verde comparissero indicazioni riguardo a pretesi potenziamenti del sistema immunitario.

Insomma, non facciamoci incantare: ricordiamoci che le opinioni personali hanno ben poco valore e che ciò che deve sempre prevalere sono le conoscenze condivise e basate su fatti accertati utilizzando metodi scientificamente convalidati.

E poi, come già accennato, in certi casi l’alimentazione può addirittura peggiorare le difese immunitarie. Ad esempio, quando si abusa di qualcosa. È il caso dell’alcool, dato che negli alcoolisti si rileva spesso la presenza di una immunodeficienza relativa, con riduzione della efficienza sia delle cellule deputate alla produzione di anticorpi che di quelle implicate nel distruggere i patogeni.

Ma vi è un altro aspetto molto importante da sottolineare in questo ambito. Ed è quello, ormai accertato, dei danni che una alimentazione squilibrata e/o incompleta può provocare a carico delle difese immunitarie anche seguendo altre vie, ossia alterando la composizione del microbiota intestinale e di conseguenza riducendo la efficienza dell’importantissimo sistema di difesa immunitario che è localizzato nell’intestino. Un aspetto del quale i mezzi di informazione parlano troppo poco e che merita di essere spiegato nei particolari.

Innanzitutto è indispensabile chiarire quali sono i collegamenti fra sistema immunitario, microbiota intestinale e alimentazione.

Ricordiamo innanzitutto che con il termine di “microbiota umano” si indica l’insieme di tutti i microrganismi “commensali” che vivono insieme al nostro corpo su tutte le superfici esterne, nelle mucose, nell’intestino e anche nei polmoni, svolgendo una serie di attività metaboliche che interagiscono con quelle del nostro organismo. Poi, più in particolare, per “microbiota intestinale” si intendono i miliardi di microrganismi che abitano il nostro intestino: si tratta di batteri, funghi e virus, in una quantità tale da superare il chilogrammo di peso ed un numero di cellule superiore di dieci volte al numero totale delle cellule del nostro stesso organismo!

Ci sono due punti essenziali da sottolineare. Il primo è che la composizione del microbiota intestinale varia nel tempo, è determinata sia da fattori ambientali che genetici ed è molto diversa da una persona all’altra. Il secondo punto è che i componenti di un microbiota intestinale sano svolgono tutta una serie di funzioni molto favorevoli per il nostro benessere (dalla digestione di nutrienti alla sintesi di vitamine, dal mantenimento di un buono stato di salute delle cellule del colon alla competizione con i batteri patogeni dei quali impediscono l’insediamento, dal mantenimento della preziosa barriera intestinale alla produzione di sostanze antinfiammatorie, ecc.), al punto che è lecito affermare che lo stato di salute del microbiota intestinale condiziona lo stato di salute di tutto il nostro organismo.

Ma non basta. Alle essenziali funzioni benefiche cui si è accennato sopra ne va aggiunta un’altra, anch’essa importantissima: il microbiota intestinale svolge un ruolo fondamentale nel mantenere sempre efficiente il sistema di difesa immunitario che è situato nel nostro intestino, sistema che è tanto importante da contenere addirittura circa il 70% di tutte le cellule del sistema immunitario umano e che contribuisce grandemente alla difesa del nostro organismo dalle aggressioni esterne. Ebbene, il microbiota intestinale, come è stato detto con molta efficacia, è come se avesse un filo diretto con il sistema immunitario intestinale, con il quale si confronta continuamente, concorrendo tanto alla sua maturazione quanto alla sua stimolazione, in pratica “allenandolo”, con un continuo confronto, a selezionare e distinguere i componenti benefici, i quali non vanno attaccati, da quelli dannosi, i quali vanno invece eliminati, e mantenendolo così in efficienza e pronto a reagire alle intrusioni esterne, anche se dirette verso altri apparati, come quello respiratorio e cutaneo.

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Credo non servano altre parole per definire l’importanza di questi due veri e propri organi aggiunti al nostro corpo. Ma a questo punto, la domanda sorge spontanea: e l’alimentazione in tutto questo quale parte recita? E la risposta è facile: una parte di primo piano, perché il microbiota viene alimentato e selezionato proprio dal cibo che ingeriamo ogni giorno. Insomma, il microbiota intestinale si modifica, ed anche in tempi piuttosto rapidi, in seguito alle variazioni del regime alimentare, il quale esercita un ruolo selettivo sulla crescita di una tipologia di microrganismi rispetto ad un’altra.

Questo significa che godere di un microbiota sano e con la giusta composizione in microrganismi benefici dipende strettamente da una alimentazione corretta, diversificata ed equilibrata, ricca principalmente in cereali integrali, frutta, verdura, legumi, fibre e prodotti ittici ricchi di omega3 (ma anche carne e formaggi, che forniscono zinco e selenio e stimolano la moltiplicazione di altri batteri importanti), ecc.

In una parola, da una alimentazione che fornisca i substrati ideali per la proliferazione di batteri ad azione positiva, come i lattobacilli e i bifidobatteri. E tutti gli studi condotti finora indicano nelle caratteristiche della tradizionale dieta mediterranea quelle più adatte a selezionare batteri a valenza positiva per la nostra salute.

In sintesi:

  1. a) una alimentazione del tipo mediterraneo, varia e bilanciata, fornisce i substrati ideali per la proliferazione dei batteri intestinali benefici, nel senso che li nutre e, fra i componenti del microbiota, seleziona i generi e le famiglie di batteri “giusti”;
  2. b) una alimentazione sbagliata, nel senso di monotona, squilibrata e incompleta, mette a rischio o addirittura fa saltare l’equilibrio del microbiota, favorendo la prevalenza di specie batteriche potenzialmente lesive, le quali fra l’altro producono sostanze proinfiammatorie che nei soggetti predisposti possono orientare il sistema immunitario ad attaccare il nostro stesso organismo, fino alla comparsa di malattie autoimmuni.

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In definitiva é del tutto evidente come le strette correlazioni esistenti fra regime alimentare, stato del microbiota ed efficienza del sistema immunitario intestinale costituiscano un ulteriore meccanismo, tanto fondamentale quanto poco noto al grande pubblico, capace di trasformare una alimentazione abituale corretta in un valido alleato per ridurre e prevenire i rischi di ammalarsi. La scelta di ciò che mangiamo non è importante solo per assicurare al nostro organismo i nutrienti indispensabili per il suo funzionamento, ma anche per modulare vantaggiosamente la composizione (e quindi anche le funzioni benefiche) che sono tipiche di un microbiota intestinale sano.

Addirittura è stato affermato, e con valide ragioni, che un microbiota sano ed un sistema immunitario gastrointestinale efficiente agiscono in nostra difesa e in accordo fra loro proprio come un “antibiotico fisiologico” messo in campo dallo stesso organismo. Un antibiotico che però, al contrario di quelli della farmacopea classica, ha il grande pregio di essere capace di identificare ed eliminare solo i batteri patogeni e le tossine lesive, senza attaccare i batteri benefici abitualmente residenti nel nostro intestino.